viaggio in Italia

Caravaggio e la Cappella Contarelli

Le opere custodite a Roma presso la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi realizzate per Matteo Contarelli costituiscono per il Caravaggio la prima grande commissione pubblica.

Il Merisi fino a quel momento si era sempre cimentato in opere di dimensioni più modeste, qui invece le sue tele superano quasi tutte i tre metri. Peraltro nel breve volgere di qualche mese ottenne anche la commissione di realizzare le opere laterali della cappella Cerasi per il potente tesoriere papale.

Cappella Contarelli

E’ il 1599 quando Michelangelo Merisi ottiene l’incarico, grazie all’ intermediazione del cardinal Del Monte, di completare la cappella gentilizia di Matteo Contarelli che vede nella parte superiore alcune opere realizzate dal Cavalier d’Arpino (Giuseppe Cesari), un artista molto conosciuto che ospitò presso la sua bottega per otto mesi il giovane Caravaggio appena giunto a Roma.

La cappella, che narra storie di San Matteo, presenta sulle pareti la  Vocazione a sx ed il martirio del Santo a dx mentre sulla parete di fondo troviamo la conversazione di San Matteo con l’ angelo nell’atto dello scrivere il vangelo.

“La vocazione”, ambientata in un luogo popolare quale potrebbe essere un’osteria  viene giocata tutta sul contrasto di luci. Da destra Cristo e San Pietro (inserito successivamente dal Caravaggio) entrano nella scena ed una luce che deriva da una fonte a noi non leggibile sfiora la mano del Cristo e illumina i volti delle figure sedute attorno al tavolo. Il Santo risponde con un gesto della mano che rende vivo il dialogo mentre alcune figure si disinteressano degli accadimenti e rimangono intenti al conto delle monete (alcuni ritengono di individuare San Matteo nel giovane che a sx continua a contare le monete sul tavolo).

“Il martirio del Santo”, modificato più volte dal Caravaggio durante la realizzazione come dimostrano recenti indagini, esprime nel linguaggio reale e crudo tipico del Merisi il momento antecedente all’uccisione del Santo.

Matteo è riverso sul pavimento mentre l’aguzzino lo afferra dalla mano pronto a infliggere i colpi fatali. Le figure attorno partecipano con espressioni del volto accese, talvolta palesando paura e terrore.

Le figure popolane, alcune ritratte con il cappello con piume in testa come più volte accade nelle opere caravaggesche, sbucano dal buio della scena. In questo caso Caravaggio si autoritrae e dell’artista è solo individuabile il viso corrucciato in fondo a questa folla. Infine dall’alto sporgendosi dalla nuvola un angelo offre la palma del martirio al Santo.

Nella tela di fondo si conserva l’opera più controvresa della cappella, il “San Matteo con l’Angelo” che il Caravaggio dovette realizzare nuovamente dopo un primo rifiuto dell’opera originaria, probabilmente perchè quest’ultima presentava dei tratti irrispettori e poco degni di essere esposti in pubblico.

San Matteo nella prima versione viene rappresentato come un popolano analfabeta che scrive il suo vangelo solo grazie alla guida della mano dell’angelo. L’opera dopo essere stata rifiutata venne acquistata dal marchese Giustiniani ed andò distrutta in Germania durante la seconda guerra mondiale.

Prima versione San Matteo e l'angelo

La seconda versione invece è impostata su un dialogo di sguardi tra il Santo e l’angelo che sembrano quasi sbucare sulla scena. Anche qui l’attenzione per il dato reale, che il Caravaggio acquisisce nella sua formazione lombarda viene esaltato, basti notare l’inconsueta postura del Santo.

La cappella Contarelli è un luogo incredibile, in pochi metri si racchiude un’esplosione della lettura del vero e del reale del Caravaggio. Senza cadere nel feticismo Caravaggesco che in età moderna colpisce molto spesso (pensate che ironia visto che dopo venti anni dalla morte del Merisi quet’ultimo viene dimenticato fino alla riscoperta del Longhi nel 900) vi consiglio di aprire bene gli occhi anche nel resto della chiesa di San Luigi.

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Gregorio e Mattia Preti, due calabresi nella Roma del ‘600

Fa sempre piacere trovare dei corregionali quando si è in viaggio e questa volta ho incrociato sul mio cammino due illustri calabresi che nel seicento riuscirono a far fortune (seppur con modalità diverse) a Roma.

L’Urbe in quel periodo è ancora sconvolta dall’incredibile espressione realistica delle opere del Caravaggio, anche se non dobbiamo cadere nell’errore di ritenere questa l’unica risposta alla “maniera moderna” (lo stile degli artisiti del fine ‘500) presente in città in questa prima parte del secolo. Pensiamo ad esempio alle fortune di Annibale Carracci e della sua bottega. Con ques’ultimo nella cappella Cerasi della chiesa di Santa Maria del Popolo il confronto con il Caravaggio si fa stridente.

Cappella Cerasi
Nella parete di fondo l’Assunta del Carracci e nelle pareti laterali la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro del Caravaggio

Ma veniamo ai nostri due fratelli calabresi, Gregorio (1603-1672) e Mattia Preti (1613-1699) che sono protagonosti di una mostra presso il prestigioso Palazzo Barberini con una collezione di opere, molte delle quali dipinte a quattro mani, che rimarrà fruibile fino al 16 giugno 2019.

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La mostra dal titolo “Il trionfo dei sensi, nuova luce su Mattia e Gregorio Preti” permette al visitatore di comprendere le vicende di questi due fratelli giunti nella Città Eterna dalla natia Taverna intorno alla metà degli anni 20 del ‘600.

A dare il la alla mostra è proprio l’opera “Allegoria dei cinque sensi” recentemente restaurata, dove i due fratelli ambientano in un’ osteria delle allegorie dei sensi. Si va dai musici per l’udito, al fumatore di pipa per l’olfatto per procedere poi all’oste per il gusto ed alla scenetta della “buona ventura” (la lettura della mano) per il tatto.

Infine l’autoritratto di Gregorio (quel volto in basso che guarda lo spettatore) celebra la vista.

Allegoria dei sensi

Nella stessa sala può essere peraltro apprezzata un’opera mai esposta al pubblico “Cristo e la Cananea” oltre al “Pilato si lava le mani” nel quale la scena viene ripartita tra la raffigurazione di Pilato ed il Cristo verso il Calvario.

Gregorio, fratello maggiore, fu per Mattia una sorta di tutore e abile individuatore di committenze, ma tra i due fu Mattia il più talentuoso e ben presto divenne destinatario anche di importanti commissioni pubbliche.

Nel 1642 Mattia venne nominato dal pontefice Urbano VIII (Maffeo Barberini cioè colui che dispose l’edificazione del palazzo che oggi ospita la mostra) cavaliere di Malta e da qui il nome con il quale anche oggi viene identificato “Il cavalier Calabrese”.

Infine i due fratelli si separarono, ed è molto curioso osservare le opere che i due realizzarono in modo indipendente nelle quali traspare ancora oggi la diversità di questi due artisti.

I due poi torneranno a lavorare insieme per l’ultima volta per la realizzazione i dipinti della controfacciata di San Carlo ai Catinari.

Per me è stata una doppia emozione attraversare questi saloni incredibili, risalire lo scalone quadrato del Bernini e potere apprezzare le tantissime opere custodite a Palazzo Barberini. E’ stata un’ emozione ancor più particolare poi leggere quelle opere dipinte, spesso a quatto mani, da due fratelli gunti dalla Calabria nel cuore di Roma per conquistarsi un posto nel panorama artistico del tempo.

Palazzo Barberini

 

 

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Che meraviglia la Chiesa del Gesù a Roma

Passeggiando nel centro di Roma spesso in modo distratto o rapiti dalle monumentali evidenze archeologiche di epoca imperiale si rischia di tralasciare una seconda anima della città eterna, quella seicentesca racchiusa spesso in scrigni a pochi passi dalla Via dei Fori Imperiali.btf

E’ il caso ad esempio della Chiesa del Gesù (Chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina, questo il nome completo), la chiesa madre dell’ Ordine dei Gesuiti che vedono la loro fonazione nel 1534.

Il progetto per la realizzazione della chiesa va quasi di pari passo con la vita dell’ordine che in un primo momento si caratterizza per un fervente zelo missionario in contrasto con la dottrina protestante. Un tratto che lasciò poi spazio nel ‘600 a nuove metodologie di comunicazione con i fedeli.

Ma facciamo partire la nostra storia dall’inizio. L’originario progetto della chiesa si deve al fondatore dell’ordine Sant’Ignazio (il cui monumento sepolcrale si trova presso la chiesa) che commissionò un primo progetto nel 1551 a Nanni di Baccio Biggio che successivamente venne rielaborato da Michelangelo nel 1554.

La definitiva stesura del progetto però la si deve a  Jacopo Barozzi detto “Il Vignola” ed è datata 1561 anche se la facciata non convinse la committenza tanto che venne incaricato Giacomo della Porta per la realizzazione di una soluzione diversa ed alternativa.

La facciata del Vignola

I lavori proseguirono dal 1568 al 1575 e regalarono all’umanità un luogo di culto che divenne successivamente uno scrigno d’arte dalla bellezza sconvolgente.

Come già anticipato l’ordine comprese le potenzialità comunicative e coinvolgenti del clima culturale del ‘600 ed affidò ad un artista della cerchia del Bernini, Giovanni Battista Gaulli detto il Baciccia (o Baciccio), gli affreschi della volta, della cupola e del catino dell’abside.

 

Il risultato dei lavori che si protrassero tra il 1672 ed il 1683 fu sconvolgente. Il concetto di fusione delle arti berniniano viene esaltatato nella volta dove le figure sembrano sfondare il tetto per accedere definitivamente verso il cielo in una sublime rappresentazione dell’ “Esaltazione del nome di Gesù” che rapisce lo sguardo del visitatore come centro focale di irradiazione di luce.

Coinvolgimento emozionale e stupore, un vero estratto di essenza barocca.

Un percorso che porta ad esponenziali consequenze quello che un abilissimo maestro come il Mantegna iniziò poco più di un secolo prima a Mantova nell’ Oculo prospettico della c.d. Camera degli Sposi.

Oculo prospettico del Mantegna (ph Wikipedia)

Ma questo può essere solo un piccolo biglietto da visita per questo colosso della storia dell’arte. il vero fascino lo potrete godere solo attraversando a testa in su quella navata dirigendovi verso il catino ambsidale dove poco prima, i vostri occhi, verranno rapiti verso l’alto dal meraviglioso affresco della cupola.

 

Infine qualche consiglio pratico. Se i vosti occhi vogliono continuare ad esaltarsi vi proporrei un’altra chiesa gesuita, quella dedicata a Sant’Ignazio dove le meraviglie prospettiche e le fughe verso il cielo sapranno sconvolgervi nuovamente.

Qui il link della Chiesa del Gesù, dove consultare tutte le info inerenti la visita e le attività religiose che in questo luogo unico si svolgono: https://www.chiesadelgesu.org/