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La Zisa e quell’incontro di culture

La Zisa è un edifico dalle forme apparentemente semplici solo lievemente rivitalizzate dalle imponenti aperture frontali e dalle piccole torri laterali sui lati corti dell’edificio.

La sua storia ci narra dell’incontro di due civiltà totalmente diverse, quella araba e quella normanna, che in Sicilia trovarono una strana forma di convivenza.

I normanni gettarono un occhio astuto sulle ricche terre del sud Italia nell’XI sec. quando da mercenari offrirono i propri servigi ai potentati locali.

Successivamente vedranno leggittimate le loro razzie da titoli nobiliari concessi dal romano pontefice. La presa della Sicilia musulmana però, fu impresa un po’ più complessa e si potè dire completata solo nel 1091 con la conquista di Palermo.

I normanni, astutamente, capirono però che conveniva coesistere con la popolazione musulmana nell’isola. Pensate che le prima emissioni monetali normanne riportano addirittura versetti del corano e professioni di fede.

Sono poi tanti i monumenti che ci parlano di impiego di maestranze musulmane all’interno di edifici pubblici fondamentali per l’epoca, come chiese, residenze e castelli.

E’ curioso vedere come questa integrazione piano piano cresca insieme alle dimensioni degli edifici. Da una prima fase quasi “protonormanna” presente nella Sicilia orientale con le chiese di Mili San Pietro, Itala e Casalvecchio Siculo fino ad arrivare ai trionfi delle architetture di Cefalù, Monreale e quelle di Palermo.

La Zisa, che in arabo significa la splendente, fa parte di un circuito di monumenti inseriti nel 2015 nel patrimonio dell’umanità Unesco comprendente anche, Palazzo Reale e Cappella Palatina, Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, Chiesa di San Cataldo, Cattedrale metropolitana, Ponte dell’Ammiraglio, più le Cattedrali di Monreale e di Cefalù.

La Zisa, fu voluta da Guglielmo I detto “il malo” nel 1165 e completata dal figlio, Guglielmo II “il buono” nel 1190. Fu pensata come una residenza immersa in un giardino delle delizie poco al di la delle mura della città in una posizione che noi abbiamo la possibilità solo di immaginare.

La Zisa era uno splendido edificio immerso nel verde dal quale era possibile guardare il mare, visuale oggi occlusa dalle costruzioni prospicenti che ci lasciano solo immaginare il fascino dei giochi d’acqua delle fontane durante i tramonti estivi nella Conca d’oro.

Il palazzo, oggi ampiamente ristrutturato, ospita una piccola collezione di arte araba e sa veramente stupire con i suoi ambienti dove nel soffitto trionfano i decori a muqarnas ed è possibile individuare ingegnosi sistemi di canalizzazione dell’aria.

Due gli ambienti che rapiscono con il loro fascino. Al secondo piano un immenso salone, un tempo scoperto, nel quale insisteva un impluvium poi modificato e chiuso nel XVII sec e soprattutto al piano terreno la sala di rappresentanza o sala della fontana.

Qui, all’ombra di una monumentale apertura ogivata sembra ancora di sentire lo sciabordio dell’acqua sui marmi che con gli schizzi rendeva ancora più vividi i numerosissimi mosaici presenti.

La splendente, è un palazzo che ci fa riflettere sui trionfi possibili quando le culture dialogano.

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Tindari ed i suoi tesori nascosti

Spesso parlando di Tindari si limita la conversazione all’importantissimo santuario mariano, ma la storia di questo luogo, e le tracce dell’antica città, sanno stupire forse più del meraviglioso affaccio sul tirreno dal quale è possibile godere di un curioso ricciolo di sabbia che si protende verso il mare.

Le tracce di Tyndaris iniziano ad incuriosire il visitatore già dall’arrivo al borgo dove, un po’ sparse sulla statale, è possibile scorgere i resti delle mura dell’antica città.

L’ingresso al parco archeologico vero e proprio lo si incontra procedendo poco oltre la piazza belvedere prospicente al santuario. In biglietteria è possibile acquistare anche un ticket unico con il quale visitare il parco archeologico e la poco distante villa romana di Patti (piccola nota: se avete bisogno di guide cartacee o di altro oggetto che facilita la visita provvedete prima, perchè al momento il sito non dispone di un bookshop).

L’antica Tyndaris venne fondata dal tiranno siracusano Dionisio I all’inizio del IV sec. a. C. con l’obiettivo di insediarci alcuni suoi mercenari Messeni e garantirsi così il controllo su un territorio molto vasto compreso nell’attuale golfo di Patti.

La città costruita in altura su un pianoro leggermente declinate verso il mare prende il nome da Tindaro, re di Sparta, e padre naturale e putativo dei due Dioscuri (a Polluce viene sempre attribuita la paternità di Zeus mentre Castore in alcune versioni viene considerato figlio naturale del re di Sparta e di Leda) ed ebbe una importantissima continuità di utilizzo anche con l’arrivo dei romani sull’isola.

Tyndaris da base dei Cartaginesi si consegnò alla repubblica romana volontariamente e questo le permise di divenire Civitas Decumana conservando una certa autonomia.

Nella fase ultima della repubblica Tindari, come del resto l’intera Sicilia, era in mano di Sesto Pompeo, che la utilizzò come sua base per le operazioni che lo vedevano contrapposto alle forze di Ottaviano che si avviava a divenire Augusto.

La visita al parco archeologico oggi è anticipata dall’ingresso al piccolo antiquarium nel quale, oltre ad altri interessantissimi reperti ( per me, reggino, è stato emozionante trovare una monenta di Reggio del III sec. a.C) viene conservata proprio una testa monumentale di Augusto. Proprio quest’ultimo nella riorganizzazione dei territori caduti sotto al suo controllo ribattezzo la città come Colonia Augusta Tyndaritanorum.

Oggi il sito premette di leggere l’antica città con i suoi assi viari perfettamente allineati con un decumano centrale e perpendicolarmente i cardi a formare degli isolati perfettamente ad angolo retto.

Incrocio tra il decumano principale ed un cardo che scende verso la parte bassa della città

L’intera area archeologica non è stata tutta attenzionata da scavi ma quelli realizzati hanno permesso di mettere in luce, oltre agli assi viari di cui si diceva, anche importanti edifici pubblici come il basamento di un’area sacra prospicente al decumano principale, la basilica nelle vicinanze di uno degli ingressi della città ed il panoramicissimo teatro.

Degno di nota è l‘insula quattro (un intero isolato restituito alla luce del sole ed agli occhi dei moderni) che su tre terrazzamenti si sviluppa dal decumano principale verso la basilica con botteghe, magazzini, due domus e le terme pubbliche.

Molto suggestivi i mosaici presenti nell’edificio termale che già stupiscono nei due apodyterium (spogliatori) presentando una Triskeles ed in quello di desta un toro e due Pilei con astri, tipici simboli dei Dioscuri, per poi continuare con scene di lotta, Bacco e ambientazioni marine.

Altri suggestivi mosaici, questa volta a figure geometriche, sono presenti in una domus che si affaccia sul decumano principale all’altezza dell’area sacra in prossimità di un altro ingresso in città monumentalizzato con propileo.

Di questa antica città manca al momento l’individuazione di una estesa presenza di edifici templari e non sono pochi gli studiosi che ipotizzano che la verà agorà della città si trovasse nell’altura che oggi ospita il santuario mariano. Ancora una volta il moderno raccoglie a piene mani in tema di divinità dall’antico.

Che dire? Non vi resta che andare a godervi questo importante centro siciliano e se vi posso dare un consiglio vi suggerirei alla fine della visita del parco di gustare una granita ai gelsi rossi… Io l’ho fatto e dopo per magia ho iniziato a parlare siciliano.