Viaggio in Calabria

Ferruzzano sei come il primo amore, non ci si può scordare

Ferruzzano per me è sempre stato un paese particolare. Incrocio spesso sul mio percorso il suo nome ed i suoi abitanti. Imparai a conoscerlo ancora prima di visitarlo attraverso i racconti della nonna materna, ed imparai a conoscere quegli usi antichi come quello di realizzare dei casotti in spiaggia, I LOGGI, dove ci si traferiva per lunghi periodi in estate, di quella vita misera che diventava ricca di significato negli occhi di chi quel passato l’ha vissuto ed ha visto in qualche misura l’inizio di quello spopolamento verso la Marina. Al tempo prendere il treno per andare a Reggio sembrava quasi un viaggio lunghissimo, quei racconti che certe volte usano termini di un dialetto quasi incomprensibile.

E’ un’area questa carica di storia, basti pensare alla vicinanza con Capo Bruzzano, probabile approdo dei “coloni” greci che dopo andarono a fondare Locri, o come non ricordare i numerosi ritrovamenti preistorici che in quest’area spesso vengono segnalati.

L’origine della frazione interna di Ferruzzano non differisce nelle motivazioni da tutti gli altri centri limitrofi che ebbero la necessità di una maggiore difesa da quel mare che prima fu incredibile collegamento di civiltà.

Il borgo fu casale di Bruzzano, ed appartenne a numerose famiglie della nobiltà locale come ad esempio la famiglia Marullo della contea di Condojanni, ai Canotto fino al 1592. Passò poi agli Staiti fino al 1674 ed infine ai Carafa che lo tennero fino al 1806, data nella quale vi fu l’eversione della feudalità.

Con l’istituzione dei Comuni del 1811 Ferruzzano fu elevato a comune ed incluso nel Circondario di Staiti che in quel momento storico diviene il centro più importante dell’area.

Ferruzzano venne pesantemente danneggiato dai terremoti del 1783 e da quello del 1907. Una testimonianza diretta dell’attaccamento e della combattività dei sui abitanti ci viene riportato da Umberto Zanotti Bianco che nel suo racconto “Pazza per amore” contenuto nella raccolta “Tra la perduta gente” all’inizi degli anni ‘20 del ‘900 così racconta:

“Dopo il terremoto del 1907 una commissione geologica aveva dichiarato inabitabile Ferruzzano e il Genio Civile aveva costruito le nuove case baraccate nella frazione Saccuti. Ma più che la forza dell’abitudine, la maggior vicinanza ai pascoli del monte Trizzo, alle terre sul versante del La Verde, aveva indotto coloro che si erano salvati da quel disastro a sistemarsi tra le rovine, riattando alla meglio, con legname, i vani lesionati. Sicché quando decidemmo ad aprire una Casa dei bambini a Saccuti, quei di Ferruzzano accorsero impermaliti:- Siamo noi la maggioranza del Comune: se fate l’asilo alla frazione vi capiterà male.

E così aprimmo due asili…”

Oggi Ferruzzano si è definitivamente spostato nella frazione marina con uno sviluppo caotico a ridosso della statale 106 davanti ad un mare ricco di voci nuove ed antiche con una vocazione turistica balneare.

La vera sfida però, è riscoprire quel passato nell’entroterra che oggi è scarsamente abitato e conserva intatto nel silenzio di quelle viuzze strette, un passato contadino ed orgoglioso che deve essere raccontato per non andar perduto.

Sfida ancor più affasciante è rappresentata dal sito della grotta rupestre di Iuderìu o dal bosco di Rudina e dai suoi palmenti che ci raccontano della laboriosità e della ricchezza di quest’area.

I palmenti sono depositari dell’antico sapere della vinificazione. Servivano a trasformare l’uva in mosto e si costituiscono da due vasche tra loro collegate, la superiore prende il nome di buttiscu e quella inferiore di pinaci. Questi sistemi hanno avuto una continuità di utilizzo per secoli facendo le fortune di quest’area che ha esportato vino in ogni angolo del Mediterraneo.

Un passato suggestivo, una terra straordinaria carica di storia e panorami mozzafiato, che decisamente riescono ad affascinare i visitatori. Per averne un semplice esempio, basta affacciarsi dalla piazza principale, quella della chiesa di Ferruzzano Superiore. Da questo terrazzo a quasi 450 mt d’altezza, lasciando alle spalle la chiesa che nonna ricorda baraccata il giorno del matrimonio e che in facciata riporta la scritta:

“Ferruzzano sei come il primo amore, non ci si può scordare”.

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Un viaggio a Ferruzzano e “Se fate l’asilo alla frazione vi capiterà male…”

Passeggiare per le viuzze silenti di Ferruzzano è quasi un’esperienza mistica, i battenti delle finestre spostati dal vento interrompono silenzi con sottofondo di lavoro dei campi.

Poche anime in quelle case che ancora raccontano di un tempo differente, lento, scandito da altri riti quotidiani.

Queste stesse sensazioni diventato quasi aplificate nella frazione di Saccuti dove lo scenario diventa surreale, perchè la senzazione è quella che gli abitanti siano appena andati via chissà per quale motivo, lasciando tutto li ad attendere un futuro improbabile ritorno.

Oggi, solo il piccolo Paolo ed il fratellino permettono di ascoltare voci di bambino in quest’angolo interno della nostra provincia, mentre nella metà degli anni venti del ‘900 Zanotti Bianco si prodigava per la costruzione dell’asilo.

Zanotti Bianco, scrittore, archeologo e sagista fu uomo illuminato che tanto diede alla fascia ionica aspomontana, creò tantissimi asili, scuole, ambulatori e riconobbe la necessità di fondare riviste e pubblicazioni che permettessero lo studio e la diffusione del patrimonio culturale Calabrese.

E’ lo stesso Zanotti Bianco che ci descrive nel suo “TRA LA PERDUTA GENTE” i momenti che portarono alla costruzione di ben due asili tra Ferruzzano e la frazione di Saccuti.

Il racconto è “Pazza per amore” dove l’autore intreccia il suo viaggio tra Brancaleone, Bruzzano, Ferruzzano e Saccuti con le vicende di una povera donna folle per un amore finito e la sua tragica fine.

In questo racconto Zanotti Bianco ricorda: “E mi inerpicai per la strada sassosa che conduce a Saccuti. Dopo il terremoto del 1907 una commissione geologica aveva dichiarato inabitabile Ferruzzano e il Genio Civile aveva costruito le nuove case baraccate nella frazione di Saccuti. Ma più che la forza dell’abitudine, la maggior vicinanza ai pascoli del monte Trizzo, alle terre sul versante del La Verde, aveva ricondotto coloro che s’erano salvati da quel disastro a sistemarsi tra le rovine, riattando alla meglio, con legname, i vani lesionati. Sicché quando ci decidemmo ad aprire una Casa dei bambini a Saccuti, quei di Ferruzzano accorsero impermaliti: Siamo noi la maggioranza del comune: se fate l’asilo alla frazione vi capiterà male.

E così aprimmo due asili, uno in alto al centro, l’altro alla frazione”.

Oggi quelle due strutture sono ancora in piedi e ci tramandono gli echi di questa storia di una provincia povera, di un mondo fiero e contadino, disperato e innamorato come quella umile donna del racconto “Pazza per amore”.