Criticità e prospettive del Parco Archeoderi di Bova Marina sono stati i temi della conversazione con Marilena Avenoso, giovane operatrice culturale, specializzata in organizzazione e gestione del patrimonio culturale ed ambientale.

Marilena riesci a spiegarci cosa significa per te il Parco Archeologico Archeoderi?
Per me Archeoderi significa “Rinascita”. Quando nell’ormai lontano 2015 mi accingevo a scrivere la mia tesi di laurea magistrale, ho puntato e scommesso il tutto e per tutto sul Parco Archeologico, il cui potenziale, a mio avviso, è veramente immenso. Purtroppo però, e mi duole dirlo, il suddetto Parco è uno dei tanti “gioielli culturali” dimenticati e abbandonati. Per molto tempo il Parco in questione è stato gestito in maniera inadeguata, tanto che neanche le persone che vivevano nelle sue vicinanze conoscevano le meraviglie storico-artistiche che venivano custodire al suo interno.
Ecco perché per me Archeoderi significa “rinascita”. È solo grazie alla conoscenza di ciò che siamo stati che si potrà divenire portavoce delle nostre tradizioni,origini e culture, diventando noi stessi fautori della conoscenza del nostro patrimonio culturale
Qual è la visione di promozione e rilancio che già avevi inserito nella tua tesi di laurea? la reputi ancora attuale?
La mia visione di promozione e rilancio riguardava la social innovation applicata all’ambito dei beni culturali. In tempi recenti, e gli esempi da fare sarebbero davvero tanti, si assiste sempre più ad una sorta di spinta propulsiva da parte dei cittadini che creano “rete” per “riappropriarsi” del proprio patrimonio culturale e della propria identità storica. Il punto di forza della social innovation, a mio avviso, sta proprio nella creazioni di modelli di “gestione dal basso” che mirano a colmare il gap che risponde alla domanda:”chi si occupa del patrimonio culturale dimenticato e abbandonato?”.
Tale modello si muove infatti su due binari paralleli: da un lato il coinvolgimento attivo dei cittadini con l’esposizione di idee “nuove” per riprendere in mano la larga fetta di patrimonio culturale dimenticato e abbandonato; dall’altro lato cerca di “snellire” l’intervento pubblico, il quale, con le varie pastoie burocratiche, di certo non facilita l’immediatezza d’azione per quanto riguarda la tutela, la valorizzazione e la gestione del patrimonio culturale abbandonato.
Questo modello di gestione dal basso a mio avvivo è il cavallo vincente su cui puntare per riuscire in breve tempo e al minor costo possibile di far rinascere i nostri gioielli culturali dimenticati.
Secondo te qual è il freno di questo parco? Perché non riscuote il successo che merita? Parliamo pur sempre della seconda Sinagoga più antica d’Europa dopo quella di Ostia
Il freno di questo parco a mio avviso è la poca collaborazione tra pubblico e privato. Chi gestisce il Parco deve assolutamente, e con urgenza, provvedere a stilare un efficiente ed efficace piano di marketing territoriale e di promozione, facendo in modo che il Parco diventi la punta di diamante del nostro territorio.
Devo dire però che qualcosa in questo campo si è mossa, dal momento che nell’ottobre del 2017 l’aula della preghiera della sinagoga ebraica del parco archeologico Archeoderi, che come dicevi tu è la più antica in Europa dopo quella di Ostia, e aggiungo l’unica al momento presente nel meridione, ha sentito riecheggiare le preghiere dello shabbat di una cospicua comunità ebraica, con persone provenienti da tutta Italia e non solo.
È vero però che questo è stato un episodio sporadico, ma è anche vero che per ottenere grandi successi bisogna partire da piccoli passi.Come dice la dedica della mia tesi: “se vogliamo che le cose migliorino dobbiamo pensare che possano migliorare. La scelta è tra un mondo di possibilità e un mondo di fallimenti. Come dice la dedica della mia tesi: “se vogliamo che le cose migliorino dobbiamo pensare che possano migliorare. La scelta è tra un mondo di possibilità e un mondo di fallimenti”.